Scatto esclusivamente in bianco e nero perché ne apprezzo la rigorosità e trovo, nelle tonalità del grigio, tutte le sfumature necessarie alla mia ricerca.
Il punto di partenza è il paesaggio, sia urbano che naturale, talvolta domestico e raramente popolato, che scaturisce da un piccolo indizio, un puro inciampo dello sguardo.
Ogni progetto fotografico segue una storia interna e produce cicli di immagini spesso corposi e che, talvolta, impegnano per anni.
Tutte le narrazioni iniziano e si concludono come per necessità, esplorando un tema fino a consumarlo.

Sottraggo immagini dal mondo. Certo, sono fotografa, ma il mio è un furto che si sdebita con la matita: è allora che restituisco la refurtiva, un posto nuovo, a conclusione o origine del paesaggio.
La fotografia non è la conclusione di un territorio, perimetro o consacrazione di un luogo scelto, la fotografia è solo l’inizio: il disegno dilata lo spazio, trabocca oltre ciò che è inquadrato.
Così la veduta originale, fotografata, si estende in direzioni inaspettate, disegnate, con fioriture spontanee.
Fotografo il paesaggio e disegno ipotesi. E non si tratta di ricostruire scenari esclusi, ma di inventare possibili traiettorie.
La deriva è una possibilità di viaggio.